martedì 18 giugno 2013

E mettiamoci pure qualche Videino.....


Non sparate sul cameraman, prima volta con la telecamerina nuova e forse montata non del tutto correttamente.
Un po' ballonzolanti le immagini, ma rendono più che bene qualche sensazione a cavallo di una due ruote.
Pronti????
Partenza.....
VIAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!!!!!!!!!

Dopo aver scoperto che l'Albergo era da tutt'altra parte ci dirigiamo verso Moustiers St Marie
 
 
 
 
Questa è una piccola selezione di quel che si può vedere scorrazzando tra le strade del Verdon
 
 

 
 
 
Non si può non fermarsi per vedere certi spettacoli..... (oltre che per riposare la real chiappa)
 
 

 
 
 
 
Toh... chi ti incontri????  I nostri giuMbotti ringraziano per il "delicato" tocco "maculato"
 
 

 
 
 
E per chi dice che non possiamo farci mancare nulla...... ecco a voi "l'equipe chirurgica" all'opera sulla bimba del Dott. Vito :-))))))
 
 


lunedì 10 giugno 2013

Ophtalmologists Motorrad Team AlfaIntes - 3 Tappa - Verdon 2013


E’ una sveglia mesta, quella all’alba del 2 di Giugno 2013, la bella avventura del Verdon 2013 sta per terminare. Sveglia, riassetto personale, si chiudon le borse, un ultimo controllo per non aver dimenticato nulla in giro e via, a coccolare la “roscia”, a prepararla per l’ultima fatica del weekend. Sono il primo a scendere ai garage ma voglio fare tutto con calma, prima di sedermi a sgranocchiare l’ultimo croissant. Le finestre che danno sul cortile si animano ed ad uno ad uno si presentano anche i miei compagni d’avventura. Ci attendono altri 500 km, oggi ci sarà poco da ammirare, ci sarà da bruciare km.

L’entusiasmo in sala colazione, non è certamente quello di ieri, inevitabile cominciare a pensare al domani. Si è deciso di rientrare dal Colle di Tenda, percorrendo ancora il lato nord del Verdon, transitando da Castellane per poi dirigersi verso il Col de Turini. Un mio vecchio pallino da ex rallysta. La mitica prova speciale del più importante rally mondiale, quello di Montecarlo che circa 20 anni fa non riuscii a percorrere a causa del ritiro prematuro dell’equipaggio per il quale facevo ricognizioni.

Emanuele purtroppo ci saluta, sceglie di fare la strada più veloce che lo porterà verso il mare, Cannes, Nizza, Menton per imboccare l’autostrada in Liguria e risalire verso Pavia. Dovrà partecipare ad un Congresso in Svizzera (mi par di aver capito) e preferisce avere il pomeriggio in famiglia. Anche i due siciliani hanno problemi di orario. Chiedono lumi sulla possibilità di essere in zona Grosseto in orario decente, in modo da potervi dormire e ripartire il lunedì mattina per la tirata che li vedrà rientrare nell’isola in moto.

Questi ultimi scelgo nodi restare aggregati al gruppo, decideranno dopo il Turini se piegare verso la costa e la Liguria o se seguirci verso il Piemonte.

Si parte dopo aver rabboccato i serbatoi. Mi metto alla guida del gruppo sulle strade già percorse appena 24 ore fa. Il clima ci è ancora favorevole anche se la temperatura di prima mattina nel giubbotto traforato si insinua pungente.

I ritmi devono gioco forza rimanere abbastanza elevati, le soste turistiche abolite. Pur essendo Domenica mattina non troviamo traffico eccessivo e lo sfruttamento della sede stradale ne trae un gran giovamento.

Noto che l’asfalto in prossimità dell’arrivo a La Palude non è perfettamente pulito, anzi è decisamente sullo sporco. Nella mente passa la tesi di un contadino uscito dal campo con il trattore o il carro che nel tratto di trasferimento avesse inzozzato ben bene l’asfalto. Ma intanto che un po’ tutti ci facciamo queste elucubrazioni ed in prossimità dell’incrocio per le Creste scopriamo l’arcano.

La risposta ci viene data prima dall’olfatto ed in immediato subordine veniamo bloccati da un corposo gregge di pecore che non ne hanno la benché minima voglia di lasciarci passare.

Le dolci bestiole (detta volgarmente) “magnano e cagano” ed in quel frangente l’han sparsa ben bene per tutto il paese. Altro che lavanda in fiore….. I giovani pastori, tutti ragazzi che non superavano la trentina vengono accolti dai residenti con grandi feste, abbracci e baci. Una Happening. Da sotto al mio casco non posso che sorridere, per loro, per i paesani (penso compaesani), per la situazione in generale. Dietro le mie spalle oltre ai miei compagni di viaggio si incolonnano auto, moto, e quant’altro. Io mi perdo nel vedere i cani pastore intenti nel frenetico lavoro di contenimento degli ovini, UN ALTRO GRANDE SPETTACOLO DELLA NATURA.

Capiamo che senza un colpo di mano i giovani pastori ci avrebbero considerato alla stregua del gregge, MUTI E INQUADRATI e soprattutto LIGI ALLE LEGGI DEL GREGGE. Oscar e Riccardo allungano il passo e cercano di forzare il blocco animale. I pastori capiscono che stanno amabilmente scassando la…. Ad un numero di persone sempre crescente e di buon ordine decidono di collaborare creandoci un varco dal quale defluire e riprendere il cammino.

Dopo aver seguito e “pestato” le deiezini ovine per qualche centinaio di metri, le nostre ruote avevano decisamente cambiato colore, la mia fortuna è essere stato il capofila ma alle mie spalle e specialmente quelli ulteriormente alle spalle, hanno dovuto aver a che fare con la me..lma fresca e maleodorante. Le regole del gioco, e tutto ciò fa effettivamente molto “animalisti” e quindi politically correct.

Cerco di pulirmi le ruote zigzagando per bene in modo da non trovarmi lungo e tirato sul primo tornante un po’ deciso e proseguo il cammino in direzione Castellane. Controllando gli specchietti mi accorgo che qualcosa non va e mi accingo a raggruppare tutta la ciurma.

Sensazione corretta, Vito, con il suo F850 ha forato, bisogna intervenire… già ma come? Si materializzano kit nuovi fiammanti per la riparazione dei pneumatici. L’equipe “chirurgica” formatasi in quel di Tortona per Giuseppe e la sua batteria torna all’opera. Il primo problema lo risolviamo in un attimo. Nel tubeless è penetrato un chiodo di 4 o 5 cm che provvediamo ad estrarre. Nessuno di noi aveva mai tentato un intervento del genere (sto scherzando ehhhhh) all’aria aperta ma siamo tutti “studiati” e le istruzioni del Kit sono oltremodo chiare e concise. Al chiavistello il catanese cardiologo che con grande maestria ingrandisce e pulisce il foro. L’onore dell’intervento effettivo, di tamponamento dell’emorragia pneumatica spetta al padrone della moto. Preparazione dello strumento, installazione della striscia tampone, due manovre decise (inserimento ed estrazione) ed il pneumatico è belle che pronto. Un paio di bombolette di Co2 e si riprende la strada.

Tutto ora procede per il meglio, ed a Castellane rifiniamo ad un area di servizio il gonfiaggio regolamentare.

Lasciamo Castellane in direzione Mulinet/Turini, e ci si presenta non prevista una strada molto interessante. Larga, liscia, curve ampie, decisamente sgombra da traffico. Un miracolo, pensando al giorno festivo inondato di sole. La voglia di curve è prontamente esaudita. Il serpentone di 12 moto può allegramente sfilacciarsi, la strada è obbligata ognuno si prende la licenza di seguirne il proprio ritmo ed approccio. E’ un piacere per il corpo e per la mente, ed il tutto nella massima sicurezza.

Ci stiamo avvicinando alla zona del Turini, ci sono un po’ di incroci da percorrere e quindi ricompattiamo le fila. Nel nostro cammino scopriamo al fianco della statale una linea ferroviaria. In lontananza un ombra scura, ed un pennacchio di fumo che esce ritmico dalla ciminiera. UN TRENO A VAPORE. Tolgo gas e voglio gustarmi il suo incrocio. Macchina stupenda che ansima e cammina al passo di trotto per la gita domenicale. Riesco a scorgere che il personale di bordo è bardato in perfetta tenuta d’epoca e nei tre vagoni trainati famiglie con genitori e bambini salutano tutti dai finestrini sbracciandosi allegramente. Mi attacco al clacson ed il macchinista contraccambia con la propria sirena. Son un inguaribile sentimentale, mi viene il magone.

Arriva a grandi passi l’orario della sosta, ma prima dobbiamo attaccare il Turini. Lasciamo la strada maestra e cominciamo ad inerpicarci in una selva infinita di tornanti e contro tornanti. Nella parte iniziale il fondo è abbastanza accettabile ma man mano che saliamo peggiora e non poco. Io e la mia “roscia” cosi come lo stuolo di Gs 1200 – 800 – 650 abbiamo pochi problemi, ma i compagni con i loro K1200 e soprattutto la Boneville dovrà sudare ben più che le fatidiche 7 camicie per arrivarne a capo.

Nella salita riconosco i segni inconfondibili dei riferimenti delle note dei partecipanti al rally, e sull’asfalto non si contano i segni delle frenate, staccate ma soprattutto toccate ai muretti a memoria delle mitiche battaglie sul filo dei centesimi di secondo per la lotta alla vittoria finale. Un tuffo nella mia gioventù di attivista delle 4 ruote… quelle con i “cieerr groooossss” (le macchine da gara da rally con i fanali supplementari grossi).

Urge trovare uno spiazzo e verificare le condizioni generali della compagnia. Malgrado la strada impegnativa, tutti presenti, distrutti ma presenti. E si riprende la marcia per il passo ed il successivo scollinamento. La discesa verso l’Italia ha il fondo nettamente migliore ed il ritmo si assesta in modo più che accettabile. Alle 14.00 facciamo il nostro ingresso in Sospel e l’idea è quella di mangiare un boccone al volo e ripartire per il col di Tenda. Appunto…. L’idea…. Ma la pratica si scontra con lo sciovinismo francese che ci vede attendere per quasi un ora 4 insalate (manco ci avessero dovuto fare uno stufato da zero) e 2 piatti di patatine fritte. Incazzati e scontenti minacciamo la proprietaria di andarcene e veniamo soddisfatti.

Oscar e l’amico cardiologo decidono per il meglio e scendono verso Menton e l’autostrada ligure per raggiungere la Toscana e Grosseto mentre in resto della ciurma riprende il cammino verso l’Italia. Il sole si fa sempre più pallido ed anzi, direi proprio che il cielo si fa sempre più coperto, minaccioso e scuro. Ci fermiamo a 20 km dal traforo del Tenda per fare rifornimento e riceviamo la dritta da un automobilista in arrivo dall’Italia che poco più avanti era in corso un bel temporale. Rapidi escono dai baulotti i vestiti antiacqua. Ripartiamo un po’ preoccupati, e poco dopo il casco comincia a bagnarsi. Non ha senso fermarsi, ed allineati e coperti (si fa per dire) cerchiamo di superare il problema. Si guida sulle uova, e benedico colui che mi consigliò il giorno prima di partire di sostituire le coperture. Mancano 2 km al traforo, almeno li sotto avremo un po’ di tregua io penso, ma mi accorgo che la pioggia tende a diminuire di intensità. Alle sbarre del traforo, tutto finito. Cielo nerissimo ma almeno non scende una goccia.

Aspettiamo che si alzi la sbarra (al colle si entra nel tunnel a senso unico alternato) e conversiamo allegramente con i compagni di attesa. Un locale frontaliero, in sella ad duna Honda di quelle stile americano mastodontiche mi ricorda che sia nel tunnel che al di la verso Limone Piemonte vi è disseminata una miriade di tele laser pronti ad impiombare il motociclista indisciplinato più e più volte…. (per la cronaca io sfilo nel tunnel a 50 all’ora e lui mi svernicia probabilmente a circa il doppio… mahhhhh… non dovevano esserci le telecamere??????).

Sbuchiamo in Italia e la cosa che mi colpisce di più è la differenza di temperatura… in Francia dai 13 a i 15 gradi.. a Limone Piemonte 25. Sotto alle cerate si cuoce a vapore…. Davanti a noi comunque in direzione est si prospetta sereno, al primo autogrill ci fermeremo a operare lo streepteese d’ordinanza.

L’avventura va a terminare il residuo del gruppo cerca disperatamente di incrociare ed imboccare la A21 sfilando Cuneo e poi Asti. Ultima sosta comune per l’eliminazione dell’abbigliamento antipioggia ed è tempo di saluti. Rientro in ordine sparso ormai è tutta autostrada. Chi ci lascia in direzione Milano, chi si sfila in direzione Lodi Crema, chi prende la via per Parma e chi allunga per arrivare in quel di Brescia. Rimaniamo io, Paolo e Sandro con destinazione Cremona.

Ore 20.20, attraverso il ponte sul Po, mi fermo in gelateria per comprarmi il gelato da papparmi con il mio vecchio intanto che gli racconto dell’avventura.

Bonne nuit mes amis, a la prochene fois

E speriamo che sia presto, non spettiamo un altro anno.

Che famo… ci maciniamo la toscana?

Pensiamoci
 
 
 

 


 

domenica 9 giugno 2013

Ophtalmologists Motorrad Team AlfaIntes - 2 Tappa - Verdon 2013


E siamo arrivati al secondo atto. Dopo le vicissitudini ed i quasi 500 km percorsi nella prima tappa di avvicinamento, siamo finalmente arrivati al dunque. Ci attendono le strade, le curve e le creste che caratterizzano questa fenomenale zona francese che è il VERDON.

Notte tranquilla, la stanchezza ha fatto si che le ore passassero serene e soprattutto in un lampo. Apro gli occhi ed in un attimo dalla finestra filtra la luce del giorno, gli uccelli al di fuori ci richiamano all’ordine. Appuntamento a colazione non tanto presto, i km da percorrere non sono un granchè, circa 150. Partiremo leggeri, i bagagli possono restare al Colombier questa sera saremo di ritorno alla base e Moustier sarà ancora nostra proprietà.

Colazione abbondante, cesta con baguette ghigliottinate a pezzettini, gli immancabili e fragranti croissant, marmellate, burro, ed un ricco buffet a completa disposizione.

La padrona dell’Hotel ci fornisce di cartine ben particolareggiate sulle strade da percorrere e ci evidenzia i punti più caratteristici nei quali sostare ed ammirare. Verifica il nostro programma e ci consiglia di tagliarne un pezzetto, “girate a questo incrocio passate il ponte e cominciate il lato sud per il rientro. Andare a Castellane è superfluo quel tratto costeggia una zona militare e c’è poco da vedere. Riprogrammo veloce il navigatore con le nuove coordinate, un cenno alla ciurma e tutti alle camere per indossare l’abbigliamento da moto.

Le nostre compagne fanno già sfoggio in parata davanti all’ingresso dell’Hotel. Ore 10.00 il via ai motorini d’avviamento e la chiassosa combriccola avanza verso il distributore di benzina per il pieno al serbatoio.

Le strade di Moustier St Marie sono vive, altre squadre di motociclisti avanzano a passo lento ma rigorosamente assordante in direzione Verdon. Solite dita a V o movimenti di gamba ed il saluto del motociclista ci sta per tutti.

Anche l’ultimo serbatoio è stato riempito, ripasso del percorso e le immancabili raccomandazioni ed il gruppo si mette in marcia sgranato dietro alla mia Roscia.

Ancora una giornata stupenda di sole, l’aria frizzante che ondeggia tra i 10 – 13 – 15 gradi centigradi, un bijoux e temperatura ottimale per sopportare ore ed ore in sella.

Il nastro di asfalto è ampio e scorrevole, la strada si snoda in un susseguirsi di curve ritmiche ma percorribili anche a velocità sostenuta, mentre la natura ed il verde ci abbraccia e ci coccola. Siamo in tanti in quelle zone, se ne sente e se ne vede la presenza,  tra moto, bici, auto, e podisti, ma non c’è caos di traffico, il giro delle “gorges” viene fatto da tutti (o quasi) nel medesimo senso (l’orario) e non ci si pesta sicuramente i piedi a vicenda.

Nonostante debba procedere tenendo presente il navigatore, ed avendo l’accortezza di guidare e tenere il più compatti possibili altri 12 compagni alle mie spalle, riesco a gustarmi lo spettacolare film di natura nel quale si immergono tutti e 5 i sensi. Non ci sono scalate ripide da percorrere, tornanti impossibili o meglio inversioni sulle quali prestare la massima attenzione. Tutto scorre ed al passo che decidi di tenere. Ti ritrovi ora in spazi aperti con campi, prati, piantagioni floreali o da frutto contorniate da una cornice di rocce e spuntoni, ora in gole più strette dove i versanti delle montagne paiono toccarsi ma in realtà divise da quel fiume, torrente o chiamatelo come volete che ha creato questa bellezza naturale.

Vivi e viaggi nel bel mezzo di un parco naturale, in un luogo che per certi aspetti pare abbandonato da chiunque. Quasi ti senti in colpa a disturbarne la quiete dando libero sfogo allo scarico del “bicilindrico” che rimbomba nella valle. Ma quelle zone pur essendo così, selvagge, così lontane dalla cementificazione di massa ma che allo stesso tempo sembrano accoglierti con gioia e rispetto da darti una soddisfazione spirituale di non poco conto.

Più ci allontaniamo dall’ultimo baluardo “civile” il nostro Moustier, più l’avventura si fa esaltante. In un perfetto mix si susseguono sotto di noi tratti larghi e scorrevoli e tratti decisamente più impegnativi ed angusti.

Stai godendo come un riccio nel pensare che la spalla del tuo pneumatico sta lavorando alla grande e pensi di aver raggiunto quella sorta di “orgasmo motociclistico” quando uscendo da una gola ti si spalanca davanti agli occhi un immenso infinito. Ti devi fermare, al primo spiazzo possibile e cominciare ad ammirare un panorama ed una visione simile a quelle da te viste in televisione nei film western o documentari sul mitico Gran Canyon americano.

A livello degli occhi paesaggio che si apre a vista d’occhio in pieno stile Alpino, ma abbassando di qualche cm la vista scopri la immensa ferita tra le rocce che ti colpisce dritto allo stomaco ed alla immaginazione. Paesaggi che tenti di far tuoi attraverso la retina immagazzinandone il più possibile, scolpendoli nella tua memoria. Paesaggi che tenti di fotografare con il telefonino ma che allo stesso tempo sai benissimo che non riuscirai a portarti a casa. Sai già che travasando la memoria del telefonino per farla vedere a parenti ed amici non riuscirà mai a trasmettere le sensazioni che stai provando in quel preciso momento. Emozioni forti, che fatichi a tradurre in parole e dalla bocca ti esce il più banale e scontato “CHE SPETTACOLO”.

Il cammino procede molto segmentato, difficile coniugare moto e tutto ciò che ha da offrirti il Verdon ma la magia di questi posti ti concede di tutto. In un attimo ed ecco il paese di La Palude sur Verdon. Micro centro abitato posto all’incrocio con il “circuito” delle Creste. Altra tappa obbligata per il viandante di quelle zone.

C’è un silenzio mistico intorno a noi ed il rimbombo dei nostri bicilindrici ha un “sapore” del gongyo buddhista in un tempio orientale. Ci sta e ci sta pure alla grande. È un continuo salire e scendere dalla moto troppe cose ci sono da vedere, ogni spiazzo ed ogni terrazzamento meritano e devono essere onorati.

Ad ogni sosta ti si ricarica l’anima, ed ad ogni ripartenza ti senti un tutt’uno con il tuo mezzo. Il percorso è obbligato ed ogni partecipante è in grado senza problemi di poter dar libero sfogo ai propri cavalli ed alla propria sensibilità di guida. In cima alle Creste notiamo dei movimenti strani provenire da un apertura del muretto di protezione all’esterno del tornate, e curiosi ci avviciniamo. Una ripida scala porta ad un terrazzino sul NULLA, uno strapiombo da brividi al quale sono appostati novelli “paparazzi” con attrezzature fotografiche del valore pari se non superiore ad ognuna delle nostre bambine. Bèlen ed il piccolo in visita alle Gole? Briatore in cerca della nuova location per l’ennesimo Billionaire? Niente di tutto questo. Ornitologi intenti a scandagliare le pareti e le rocce alla ricerca di chissà quali specie in via d’estinzione.

Soffro di vertigini, e mi tengo ben saldo al parapetto in pietra controllando i miei compagni di viaggio intenti nel giro. Lasciamo le Creste tornando all’incrocio nel centro de La Palude, e la sosta per il raggruppamento della combriccola è la scusa per avviarci al bar per una veloce “pausa pipi” ed una rinfrescante bibita, preludio al “rifornimento” dei centauri che cominciano a sentire le “farfalline nello stomaco”.

Decidiamo di procedere fino a terminare il lato Nord del Verdon e riprendiamo la strada in direzione Castellane. Durante il cammino notiamo parcheggiati furgoni a nove posti e nelle loro vicinanze baldi giovanotti e giovanotte con mute caschi ed attrezzature sportive. Stavamo transitando infatti nei pressi dell’arrivo dell’esperienza Rafting e qualcuno di noi comincia seriamente a farci un pensierino.

È arrivato il momento della sosta per la pappa e ci accomodiamo in buon ordine nella veranda di un grazioso locale proprio di fronte ad un camping. Il sorriso sul volto di tutti è da vedere, abbiamo fatto tanti km per venire sin qui, ma nel cuore di tutti c’è la certezza che ne è valsa veramente la pena. Dall’albergo a qui non abbiam fatto chissà quanti km ma sono state 2 ore e passa intense ed appaganti. Trangugiato il trangugiabile e sorseggiato un caffè è arrivato il momento di risalire in sella alle nostre fedeli compagne di strada, passato il ponte e ci troviamo sul versante sud del Verdon sulla strada del ritorno che ci riporta al lago di Saint Croix.

Ancora tante “pieghe” ancora tante riprese, ancora tante sgasate ma soprattutto ancora ulteriori visioni sicuramente ma uguali a se stesse. Affacciarsi da dirupi e ponti cercando di scandagliare quella enorme crepa della quale si fatica a vedere il fondo. E La giù, giù, giù in fondo quell’acqua che scorre e ribolle tra le rocce e le rive.

In lontananza il blu del Saint Croix si fa sempre più nitido ed importante, la fine del giro è li a pochi km. A forza di curve e tornanti di strada che sale e che scende arriviamo ad Aiguines, proprio quasi sul lago. La tappa tecnicamente è finita e girando sulla destra si ritorna in albergo. Sandro e Riccardo decidono di dichiarare la giornata motociclistica terminata come da programma e si avviano verso “baita”, mentre con il resto della compagnia decidiamo di scendere sulle rive del lago e percorrerlo tutto sulla riva opposta. Di tempo ce n’è e la voglia di stare insieme pure.

Scendiamo, percorrendo qualche km e imbocchiamo il “lungolago”. Difficile guardarsi solo dinnanzi c’è troppo da vedere e troppe emozioni ancora da immagazzinare. Prendiamo una stradina parcheggiamo le moto e scendiamo in uno spiazzo proprio a due passi dall’acqua. Sotto ad una pianta, aria fresca e la chiacchiera sale. I minuti passano inesorabili, e giunge l’ora di ritornare alla base. La cena AlfaIntes ci attende.

Scopriamo con nostro dispiacere che nel lato sinistro del lago non esiste una strada litoranea ed in men che non si dica ci ritroviamo a percorrere la strada già fatta la sera precedente lassù tra la lavanda ed il nulla. Libero rientro per tutti, mentre io mi aggrego al cardiologo catanese ed al suo Boneville in coda alla brigata.

Finalmente in albergo per fare un paio di giri di centrifuga in doccia e per distendere le ossa in branda. In attesa di recarci al ristorante, un ultima calibratura con Sandro dei nostri navigatori per la tappa di rientro del giorno seguente.

E vai, ci si da un agghindata e ci rechiamo sul terrazzo dell’albergo dove già qualcuno è in perfetto relax. Il sole che scende ma picchia ancora e non poco e dalle stanze la compagnia si riforma. Si parte per il centro del paese, la cena AlfaIntes ci attende.

Locale molto carino, giardinetto esterno caratteristico, non molto capiente tanto per cui la nostra tavolata deve esser posta di traverso alla sala per non creare problemi di ingombro. Con noi alcune coppie di ogni età tubano e si abboffano incuranti di questi Italiani chiassosi … chitarra, mafia e mandolino che a tratti rompono la romantica atmosfera in salsa francese.

Solito problema nella lettura del menù, grande scelta ma della grande maggioranza dei piatti non ne comprendiamo la benché minima configurazione. Il cameriere e figlio del boss del locale si sforza gentilmente di venirci incontro traducendo in un buon italiano mentre ci fornisce di un gradevole rosso d’oltralpe decisamente non male. Atmosfera perfetta, molto gradevole la cucina e soprattutto la compagnia.

Come già anticipato, vi erano alcune new entry nel gruppo rispetto alla passata stagione che giustamente dovevano essere messi a conoscenza della famosissima barzelletta de “mon capitain e della cammellà”. Roberto ne è l’interprete principe ed in terra francese (soprattutto per il volume della voce) credo abbia fatto ai nostri commensali l’effetto del miglior Dario Fò intento nel suo “grammelot”.

Si arriva elle grappe ed al caffè, siamo da soli ormai nel locale, big ben ha detto stop, la passeggiata defatigante (dalla cena) per l’albergo ci attende e soprattutto ci attende Morfeo. Domani mattina sveglia molto presto, purtroppo l’avventura va a terminare c’è la lunga strada del ritorno da percorrere.

Encore Bonne Nuit mes amis